Come nasce l’anima del paralume: il telaio
Fin da bambina sono sempre stata attirata più dal lavoro di mio papà (Giuseppe) che da quello di mia mamma (Margherita).
Forse mi attirava di più perché, tra i due, era quello che partiva da zero. Dal nulla (nel suo caso dal filo di ferro) riesce a costruire l‘anima del paralume: il telaio che diventa poi, nelle mani di mamma, il paralume.
Certo, per costruire un paralume, sono necessari entrambi i mestieri ma questo, il mestiere del costruttore di telai, era quello che avrei voluto imparare.
E invece, caso vuole, sono nata donna negli anni ’70!
Si perché, il mestiere del creatore di telai, me lo sono sempre immaginato un mestiere più da uomo che da donna. Per piegare il ferro e tagliarlo ci vogliono i muscoli e io non ne ho mai avuti abbastanza. E poi è un lavoro sporco, troppo sporco per una donna.
Le fasi della lavorazione del telaio
Da bambina ho cercato di imparare l’unica cosa che potevo imparare del suo lavoro, quella meno pesante dal punto di vista fisico ma non comunque la più semplice: costruire le mollette che si incastrano sulle lampadine per fermare le applique.
E’ una delle attività di mio papà che potrei fissare incantata per ore. Ed è anche uno dei suoi lavori che rende inconfondibile un suo telaio: solo lui crea questo tipo speciale di mollette per applique!
Utilizza uno strumento in legno costruito a mano, chissà quanti decenni fa, in cui inserisce del fil di ferro leggero (non lo stesso che usa per il telaio), lo piega prima in un senso, poi nell’altro con una manualità che solo anni di esperienza ti possono dare, e voilà, la molletta è pronta! Sembra semplice ma non lo è, ci vogliono anni di pratica per riuscire a costruire una molletta perfetta!
La sagomatura
Così come per le mollette anche sagomare il ferro è un’abilità non da poco.
Anche per questa attività mio papà usa un attrezzo in legno costruito a mano chissà quanti anni fa: un “piramide a gradoni” in legno (la potete vedere nella foto qui sotto).
A vederlo lavorare con la sua manualità appresa da anni di pratica sembra tutto semplicissimo, ma provate a farlo voi…
Io ci ho provato, a me venivano solo sgorbi!
La sagomatura a mano libera
Senza contare poi quando la forma la da a mano libera, ad occhio, e solo con una pinza: incredibile! Vederlo lavorare è come ammirare un pittore dipingere su una tela vuota: ci vuole esperienza e tanta tanta passione per il proprio lavoro!
Un lavoro artigianale che nell’epoca moderna andrà purtroppo, pian piano scomparendo, soppiantato dalle macchine che fabbricano telai tutti uguali tra loro, uno al minuto. Sapete quanto ci vuole per creare manualmente un telaio? 50 anni di esperienza!
La saldatura
Dopo aver creato le varie sagome bisogna poi unirle insieme con una saldatrice: un altro lavoro di precisione.
Prima bisogna saldare lentamente i due pezzi (nel gergo dei produttori di telai si dice puntare) in modo che stiano fermi ma non siano ancora perfettamente saldati insieme.
Una volta montate insieme tutte le parti del telaio, precedentemente tagliate e sagomate, si possono saldare per bene. Quindi si preme fino in fondo il pedale della saldatrice e il ferro si fonde; si vede proprio la scintilla e il rosso della fiamma sul punto di saldatura; come nella fotografia qui sotto:
La molatura
Una volta saldato il telaio si passa alla mola, qui armati di guanti e maschera per proteggere mani e occhi, si procede a molare le parti sporgenti appena saldate.
Non devono rimanere spuntoni perché, quando poi si dovrà cucire sopra la stoffa, deve risultare tutto bello liscio. Prima di tutto perché chi dovrà poi cucirci sopra la stoffa non può rischiare di pungersi o tagliarsi, potrebbe macchiare la stoffa! E poi perché la cura nel dettaglio è importante, non si può dare al cliente un paralume che potrebbe arrecargli un danno.
La finitura
Una volta molato si può procedere con la verniciatura: si perché il telaio non si lascia grezzo ma si vernicia di modo che nel tempo non venga fuori la ruggine. Tutte queste attenzioni non tutti i “paralumai” ce l’hanno. Margherita e Giuseppe hanno sempre fatto attenzione ai dettagli, questo è uno dei tanti. I loro paralumi, infatti, durano decenni se non tutta la vita!
Un lavoro, quello di mio papà, per persone che non hanno paura di sporcarsi le mani: il ferro infatti sporca e non va via così facilmente, bisogna sfregarsi le mani con una pasta abrasiva al limone, non basta il sapone.
Un lavoro, quello di mio papà, per persone che ci mettono passione per quello che stanno facendo, un lavoro pericoloso se fatto distrattamente: il ferro è tagliente, la saldatrice può provocare ustioni, la mola può emettere scintille che provocano danni irreparabili agli occhi.
Un lavoro, quello di mio papà, che è spesso poco riconosciuto perché nascosto dal rivestimento che lo ricopre, un po’ come l’anima di una persona che non si vede ma c’è eccome, ecco il telaio è l’anima del paralume, la parte più importante!
Ricordatevi queste cose quando portate a casa un paralume di Marita Paralumi. Non vi state portando a casa solo un bell’oggetto ma passione, amore, esperienza, cura dei dettagli e soprattutto tanto tanto lavoro manuale!
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